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ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

Appio.

Appio, che fai? D’amor tu insano?... All’alto

desio di regno ignobil voglia accoppi
di donzella plebea?... Sí; poi ch’ell’osa
non s’arrendere ai preghi, a forza trarla
ai voler miei, parte or mi fia di regno.
Ma il popol può... Che temo? Delle leggi
la plebe stolta, oltre ogni creder, trema:
s’io delle leggi all’ombra a tanto crebbi,
anch’oggi schermo elle mi fieno; io posso,
e so crearle, struggerle, spiegarle.
Molt’arte vuolsi a impor perfetto il giogo;
ma, men ch’io n’ho. Piú lieve erami assai
conquider voi, feri patrizj, in cui
sol forza ha l’oro, e pria vien manco l’oro,
che in voi l’avara sete: io v’ho frattanto,
se non satolli, pieni: hovvi stromenti
fatti all’eccidio popolar, per ora:
spegnervi poscia, il dí verrá; poca opra
a chi v’ha oppressi, ed avviliti, e compri. —
Ma giá Virginia al tribunal si appressa;
seco è la madre, e Icilio, e immenso stuolo? —
Fero corteggio; e spaventevol forse,