Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
atto primo | 231 |
ma, tolga il ciel, ch’io mezzo oggi ti sia
a sí nefando effetto. Infra costoro
macchina, spargi il tuo veleno ad arte;
forza null’altra a víolenza io voglio
oppor, che quella delle leggi. Or venga
Virginia d’Appio al tribunal; con essa
la falsa madre: ivi le aspetto; ed ivi,
non urla insane, e tempestose grida,
ma tranquilla ragion giudice udrassi.
SCENA QUARTA
Icilio, Virginia, Numitoria, Popolo.
Romani, (ai pochi, ai liberi, ed ai forti
io parlo) avervi al gran giudicio spero
spettatori, e v’invito: ultima lite
fia questa nostra. Ogni marito e padre
saprá, se figli abbia e consorte in Roma.
SCENA QUINTA
Icilio, Numitoria, Virginia.
Misere madri!...
Virg.a O sposo, agli occhi tuoi
pregio finor non ebbi altro che il padre;
priva di lui, come ardirò nomarmi
tua sposa?
Icilio Ognora di Virginio figlia,
d’Icilio sposa, e quel ch’è piú, Romana,
sarai, tel giuro. Al mio destin ti elessi
fida compagna; a me ti estimo io pari