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libro i - capitolo x
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al tiranno. Il rompere la data fede è certamente cosa che dée disonorar l’uomo in ogni qualunque governo: ma la fede dev’essere liberamente giurata, non estorquita dalla violenza, non mantenuta dal terrore, non illimitata, non cieca, non ereditaria; e, sovra ogni cosa, reciproca dev’esser la fede. Ogni moderno tiranno, al riappiccarsi in fronte la corona del padre, anch’egli ha giurato una fede qualunque ai suoi sudditi, che giá rotta e annullata dal di lui padre, lo sará parimente e doppiamente da esso. Il tiranno è dunque di necessitá sempre il primo ad essere spergiuro e fedifrago; egli dunque è il primo a calpestarsi fra’ piedi il proprio onore, insieme con le altrui cose tutte. Ed i suoi sudditi perderebbero l’onor loro, nel rompere essi quella fede che altri ha manifestamente giá rotta? La pretesa virtú, in questo caso, frequente pur tanto nelle tirannidi, sta dunque direttamente in opposizione coll’onor vero; poiché se un privato ti manca di fede, anche l’onore stesso delle tirannidi t’impone di fargliela a forza osservare, per vendicare in tal modo il disprezzo ch’egli ha mostrato espressamente di te nell’infrangerla. Manifestamente dunque è falso quell’onore che comanda di serbar rispetto e amore e fede a chi non serba, o può impunemente non serbare, alcuna di queste tre cose a nessuno. Da questo falso onore nasce poi la falsissima conseguenza che si venga a credere legittima, infrangibile e sacra quell’autoritá che l’onore stesso costringe a mantenere e difendere.

A questo modo, nella tirannide guasti essendo e confusi i nomi di tutte le cose, i capricci del tiranno, messi in carta, col sacro nome di leggi s’intitolano, e si rispettano ed eseguiscono come tali. Cosí, a quella terra dove si nasce, si dá nella tirannide risibilmente il nome di patria; perché non si pensa che patria è quella sola, dove l’uomo liberamente esercita, e sotto la securtá d’invariabili leggi, quei piú preziosi diritti che natura gli ha dati. Cosí si ardisce nella tirannide appellare senato (col nome cioè dei liberi scelti patrizi di Roma) una informe raccolta di vecchi trascelti dal principe, togati di porpora, e specialmente dotti in servire. Cosí finalmente, si viene