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i. della tirannide
 



Capitolo Sesto

Del primo Ministro1.

E fra le piú atroci calamitá pubbliche, cagionate dall’ambizione nella tirannide, si dée, come atrocissima e massima, reputar la persona del primo ministro, da me nel precedente capitolo soltanto accennata, e di cui credo importante ora e necessarissimo il discorrere a lungo.

Questa fatal dignitá altrettanto maggior lustro acquista a chi la possiede quanto è maggiore la incapacitá del tiranno che la comparte. Ma siccome il solo favore di esso la crea, siccome ad un tiranno incapace non è da presumersi che possa piacere pur mai un ministro illuminato e capace, ne risulta per lo piú, che costui, non meno inetto al governare che lo stesso tiranno, gli rassomiglia interamente nella impossibilitá del ben fare e di gran lunga lo supera nella capacitá, desiderio e necessitá del far male. I tiranni d’Europa cedono a codesti loro primi ministri l’usufrutto di tutti i loro diritti; ma niuno ne vien loro accordato dai sudditi con maggiore estensione e in piú supremo grado, che il giusto abborrimento di tutti. E questo abborrimento sta nella natura dell’uomo, che male può comportare che altri, nato suo eguale, rapisca ed eserciti quella autoritá caduta in sorte a chi egli crede nato suo maggiore; autoritá che, per altre illegittime mani passando, viene a duplicare per lo meno la sua propria gravezza.

Ma questo primo ministro, dal sapersi sommamente abborrito, ne viene egli pure ad abborrire altrui sommamente; ond’egli gastiga e perseguita e opprime ed annichila chiunque l’ha offeso, chiunque può offenderlo, chiunque ne ha, o gliene



  1. «Ad consulatum nonnisi per Seianum aditus: neque Seiani voluntas nisi scelere quærebatur». «Niuno era console, se non voleva Seiano: né uomo a Seiano piacea, se scellerato ei non era». Tacito, Annali, lib. IV, § 68.