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Non è necessario ricordare agli studiosi dell’Alfieri che i due libri Della tirannide furono «d’un sol fiato» scritti a Siena nel 1777, «quasi per l’appunto quali poi molti anni appresso» l’autore li stampò: (Vita, Epoca quarta, cap. IV); che i tre libri Del Principe e delle lettere furono «ideati e distribuiti in capitoli» l’anno dopo a Firenze (ibid., cap. VII); che il Panegirico di Plinio a Traiano fu steso a Pisa, nell’inverno del 1785, e finalmente La virtú sconosciuta, insieme col secondo e terzo libro Del Principe, in Alsazia nel 1786 (ibid., capp. XV e XVI).
Nel ms. n. VI che si conserva alla Laurenziana (Primi abbozzi di varie prose; e cioè delle quattro riunite in questo volume e di cinque del Misogallo) l’autografo è tempestato di correzioni: quella prima scrittura «d’un sol fiato» rimase nel disegno generale «quasi per l’appunto» com’era venuta di getto, ma per lo stile la rielaborazione fu lunga e diligente. Il libro II Della tirannide era di soli sei capitoli.
Ma la maggior cura dell’A. dové esser quella di scansare ripetizioni. Il 16 gennaio 1786 a Martinsbourg alla Tirannide postillava: «Riletto bene questo libro nel 1786, dopo avere scritto quello Del Principe e delle lettere, mi è sembrato questo avere piú il pregio dell’impeto; e vi ho ravvisato quel bollore che i nov’anni di piú vissuti in servitú mi hanno scemato. Nel correggere poi l’uno e l’altro, è da badare assai allo stile e ragionamenti di questo; alle lunghezze forse e ripetizioni dell’altro. Non mai staccarli e far che si somiglino il men che si può; e ben riflettere quale dei due dovrebbe precedere; ma credo il secondo sia da considerarsi come un comento a una parte di questo: si badi sopratutto al secondo e terzo di quello, che dove è costretto a ripetere e ritoccare le idee di questo, non ne replichi le frasi e i modi».
Ad evitar le ripetizioni, almeno formali, infatti riuscí; ma quanto al «non staccar mai» i due libri, pare che piú tardi decidesse altrimenti.