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dialogo
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poteva nel tuo petto assai più la pietá e il dolor per altrui che non l’amor per te stesso. Non t’adirare, deh, se io qui a virtú grande ti ascrivo que’ sensi che in migliori tempi, e fra miglior gente, verrebbe tenuto mostruositá il non averli: ma cosí rara cosa mi pare fra noi la cagion di tua morte, e di cosí naturale e nuova grandezza ripiena, che ai nostri tempi dove né vivere né morire da grandi mai non si può, parmi, direi cosí, che la natura, in te solo sfoggiando, impreso abbia a deridere le tirannidi nostre: col tuo chiaro esempio mostrando che ogni picciol tetto può esser campo a magnanimitá e virtú, ancorché ad esse tolto ne venga ogni altro pubblico campo. E se il dolore di un fratello semplicemente di sangue, e non di virtú, cotanto pure potea nella ben nata e calda tua anima, chi negarmi ardirá che tu, in altra piú felice contrada nato, per la patria, per la virtú e per la verace gloria, di ogni piú sublime sforzo non saresti stato capace?

Francesco. Deh, basti. Non so se il solo dolore del premorto fratello mi uccidesse, e nol credo; ma certo il mio corpo, giá non robustissimo, gran crollo ne riceveva. Doleami il fratello, poco curava io di me stesso, e tu presente non eri; propizio era il punto. All’etá mia non m’era possibile oramai di rinascere a vera vita; tu sai che il dolor di non vivere quale potuto forse l’avrei, andava consumando i miei giorni; l’aggiunta dell’estraneo dolore fu quella forse che colmò la misura; e morte, che in petto mi albergava pur sempre, trovò in quell’istante tutte dischiuse le vie a diffondersi pel debil mio corpo. E ciò fu il meglio per me; alle tante mie noie non v’ho aggiunto vecchiezza e i suoi fastidi moltissimi.

Vittorio. Ah crudele! ma non era giá il meglio per me, che nel perderti, la metá e la migliore dell’esser mio smarrita ho per sempre; e altro sollievo non serbo che il sempre pascermi piangendo della tua memoria ed immagine.

Francesco. Doler non mi posso dell’immenso amor tuo; ma ti biasmerò bensí molto del lasciarti cosí in preda al dolore e del dirmi, o pensare, che in me tu perdesti la metá del tuo essere. Nel fior de’ tuoi anni; acquistata (ancorché a carissimo