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iv. la virtú sconosciuta
 



soverchiatori mi hanno assai volte infiammato di sdegno; non udirono per ciò essi mai da me quelle brevissime e forti veritá che, di vergogna e confusione riempiendoli, lievemente ammutoliti gli avrebbero; tacque il mio labro; e non ch’io parlare temessi, ma vano il reputava del tutto; parlò con essi tacitamente il mio aspetto, e ciò mi bastò per non essere quasi mai soverchiato.

Vittorio. Ciò ch’io piú pregio in te ed ammiro si è che tu nato buono, e fatto poi ottimo dal molto pensare e dal molto conoscere le umane cose, godevi pur d’esserlo per te stesso; e se mostrar tale ti dovevi, sempre di alquanto minor valore che il tuo non era, ti mostravi. Tu fra questi presenti uomini mi parevi quasi una gemma nel fango, che per meno rilucere vi si nasconde, ma per essere bruttata non perde giá ella il suo splendore e virtú; e chiunque la raccoglie e terge sel vede. Da questo tuo parlare ben ora comprendo perché allorquando l’acerba morte rapivati, ancorché da pochissimi ben conosciuto, e da tutti dissimile, tu eri pur pianto e desiderato da tutti. La virtú, benché occulta, gli animi dunque tutti, ed i men virtuosi, pienamente e mal grado loro, soggioga. Ma vero è ch’ella era di sí gran vaglia la tua, che occulta parendo, non l’era. Ignote eran forse le tue parti sublimi di verace antica virtú che ti avrebbero fatto di tua propria luce brillare in mezzo ai piú sommi uomini di Roma libera; ma quelle virtú secondarie, che altro non sono se non se negazione di vizi, e che nella presente nostra meschinitá pur somme si chiamano (e, visti i governi nostri, forse elle il sono) quelle possedevi pur tutte e ogni giorno, come corrente moneta, senza avvedertene, le spendevi. Quindi nasceva il rispetto, quindi l’universale amore sí grande e verace, che quando io mi accompagnava con te per le vie, dal piú infimo fino al piú grande, io vedeva in ogni volto manifestamente nel salutarti scolpita quella tacita venerazione, che non si può aver dagli uomini mai per altr’uomo, se non per chi non ha macchia nessuna. Nel volto dei buoni, che erano per lo piú i bassi, la rimirava io mista d’amore; in quel degli altri traspariva tra un nuvoletto di sdegno; ma cosí picciolo egli era,