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dialogo
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mi riprometteva pure di trarre, senza alterare il vero, luminosi saggi di fortezza ed altezza d’animo, di umanissimo cuore, di acutissimo ingegno, di maschio e libero petto; di ritrarne in somma un raro complesso delle piú pregiate cittadine virtú di Roma o d’Atene, velate da cosí amabile modestia, e in tempi cotanto ad esse contrari, con sí discreta disinvoltura senza niuno offendere praticate; non avrei io forse con un tale scritto potuto muovere la curiositá degli uomini tutti? Non avrei io potuto la malignitá dei piú ammutolire coll’evidenza? Non l’amore e la maraviglia di quelli destare che dalla piccolezza del muto tuo stato vie piú argomentando, come si dée, la grandezza delie tue doti, ed a me pienamente credendo, (perché chi il vero scrive facilmente con colori di veritá lo dipinge) avrebbero la tua virtú, non de’ tempi, doppiamente sentita, e fors’anche, come nuova e inaudita cosa imitata l’avrebbero?

Francesco. Questo lungo tuo sfogo ho io conceduto alla calda amistá; le lodi che dare a me vivo non avresti ardito (troppo m’amavi per farmi cotanto arrossire) niuno ascoltandoci, soffro che alla ombra mia tu le dii; me non offendono, perché a te un verace affetto le detta, me non lusingano, perché da ogni mortale umana picciolezza son tolto; e purché a chi che sia tu mai non le narri, io godo assai che la memoria mia sí saldo ed onorato loco entro il tuo petto ritenga. Quelle virtú che a me presti, poiché sí ben le conosci ed apprezzi, fa che sian tue; e non nel tuo scrivere soltanto, ma nella pratica della vita, per quanto i tempi il comportano; e, poiché tanto me stimi, pensa dunque a tutta meritar la mia stima; pensa che io da te non rivolgo mai gli occhi, e che ogni tuo piú interno e nascosto senso io leggo e discopro.

Vittorio. E ciò sia; e se non sempre, anzi le piú rade volte, scorgerai nel mio pur troppo picciolo cuore sane ed alte cagioni che il muovano; a quest’una di parlar di te, d’amarti e apprezzarti piú che cosa del mondo, son certo che niuna vile cagione, nessun basso fine vedrai che mi muova.

Ma poiché tu mi vieti che io faccia di te mai menzione nel mondo, ed or ora tu stesso parlandomi, notasti il mio ardire,