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e sospiri di gioia verace; saranno questi gli encomi della libertá, e de’ suoi dolcissimi frutti, che or dal mio labro si udiranno prorompere.
Giá giá mi si squarcia dagli occhi quel tenebroso velo, che la caligine dei passati e futuri secoli involvendo, il pensier nostro nell’angusto termine dei presenti tempi confina. Io veggo, sì, e d’un solo rapidissimo sguardo, io veggo Roma qual era ne’ suoi felicissimi tempi, qual ella è nei nostri, quale, con novella prosperitá e grandezza, nell’avvenir potrá essere. Le venerabili ombre dei Catoni, degli Emilii, dei Bruti, dei Regoli e di tanti altri illustri romani mi si appresentano in lieto aspetto; e magnanima scorta mi si offrono a farmi conoscere quella Roma che essi abitavano. A gara mi narrano quali virtú, qual forza, quanta felicitá in quei loro concittadini lasciassero; qual santitá e severa osservanza di leggi; qual plebe, qual senato, quali eserciti; quanta costanza nell’avversa, quanta modestia nella prospera fortuna; qual religione e culto degli dèi; quanto in somma d’inaudito e di grande la bene ordinata repubblica, per la prosperitá dei suoi cittadini, radunato si avesse. E tutto, quanto quei generosi spirti con sí nobile trasporto mi svelano agli occhi, tutto diverso, tutto per l’appunto contrario esser veggo a ciò che la presente Roma rinserra.
Prima virtú di quegli ottimi, conosco essere stata il sapere e osservare le leggi; nostra, pur troppo! da gran tempo si è fatta, il sovverterle, trasgredirle, deluderle ed ignorarle; e quegli piú grande fra noi, con incredibile cecitá di giudizio, fu reputato, che con piú rovina nostra e disdoro, maggiormente seppe sopra le inermi ammutolite leggi innalzarsi. La forza dei romani animi con maravigliosi esempi mostravasi, nel tollerare le militari fatiche, nell’affrontare pericoli per la repubblica, nel correre lieti e volontari alla morte, dove dal cessare dei loro individui ne fosse al pubblico ridondato gloria e vantaggio; la forza dei moderni animi, con eterno vituperio nostro, manifestavasi finora nel sopportare, tremando e tacendo, ogni ingiustizia, ogni rapina, ogni oltraggio; o se qualche scintilla di romana fortezza in alcun romano di tempo in tempo si anadva