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libro i - capitolo iii
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alla propria; perché convinto era che non rimaneva la persona sua abbastanza difesa senz’essi. Ciascuno dunque di costoro era pienamente certo in se stesso che l’autoritá sua era illimitata, poiché sottoporla non voleva alle leggi; e che illegittima ell’era, poiché sussistere non potea senza il terror degli eserciti. Domando se un tale ottimo tiranno si possa dagli uomini reputare e chiamare un uomo buono? colui che, trovandosi in mano un potere ch’egli conosce vizioso, illegittimo e dannosissimo, non solamente non se ne spoglia egli stesso, ma non imprende almeno (potendolo pur fare con laude e gloria immensa) di spogliarne coloro che verran dopo lui; gente, a cui, per non esserne essi ancora al possesso, nulla affatto si toglie coll’impedir loro quella usurpazione stessa; e massimamente venendo loro impedita da quei tiranni che figli non lasciano. Né sotto Tito, Traiano, Marc’Aurelio e Antonino, cessava la paura nei sudditi. La prova ne sia che nessuno dei sudditi ardiva francamente dir loro che si facessero (quali esser doveano) minori delle leggi, e che la repubblica restituissero.

Ma facil cosa è ad intendersi perché gli scrittori si accordino nel dar tante lodi a codesti virtuosi tiranni, e nel dire che se gli altri tutti potessero ad essi rassomigliarsi, il piú eccellente governo sarebbe il principato. Eccone la ragione. Allorché una paura è stata estrema e terribile, il trovarsela ad un sol tratto scemata dei due terzi fa sí che il terzo rimanente si chiama e si reputa un nulla. Qual ente è egli dunque costui, che dalla sua spontanea e libera benignitá possa e debba dipendere assolutamente la felicitá o infelicitá di tanti e tanti milioni di uomini? Costui, può egli essere disappassionato interamente? egli sarebbe stupido affatto. Può egli amar tutti, e non odiar mai nessuno? può egli non essere ingannato mai? può egli aver la possanza di far tutti i mali, e non ne fare pur mai nessunissimo? può egli, in somma, reputar sé di una specie diversa e superiore agli altri uomini, e con tutto ciò anteporre il bene di tutti al ben di se stesso?

Non credo che alcun uomo al mondo vi sia che volesse dare al suo piú vero e sperimentato amico un arbitrio intero sopra