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di plinio a traiano
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ai dí nostri, succhiato col latte ed oramai trasferito ad ogni illimitata ed ingiusta possanza, che anche sotto altro meno insultante nome si eserciti. Grande tu per te stesso sei troppo, ed io libero troppo mostrare mi debbo per non parere indegno della causa ch’io tratto, perché a tacerti io abbia che il nome d’imperatore, i mali tutti di quello di re in se stesso adunando oramai, odioso non meno che quello di re ad ogni romano si è fatto. Tacer non ti posso, che in te si amano, si adorano le doti, l’animo, le virtú di Traiano; ma che in te si abborrisce la possanza, la dignitá e il nome d’imperator re, di cui con ragione si trema. Ad animo generoso quale il tuo, ardisco io esporre, come il primo dei meriti nostri, ciò che ad altro volgare principe ogni maligno e vile delatore esporrebbe come il primo dei tradimenti. Sì, Traiano, i cittadini di Roma, pe’ loro lunghi mali, per le orribili passate tirannidi, ed in ultimo piú efficacemente ancora, pe’ brevi felici anni del tuo impero, rientrati in se stessi, e ritornati romani, ogni qualunque freno abborriscono che può loro impedire di essere e di mostrarsi romani; lo abborriscono ed osano dirtelo per bocca mia. Ma, dove pur tanta altezza di pensieri dispiacer mai potesse a chi ne diede gli esempi ed i mezzi, te stesso ne incolpa, o Traiano che, lasciando respirar la cittá, hai fatto nei cittadini rivivere la calda memoria dei loro antichi e sacri diritti; cagione ad un tempo ed effetto della passata loro libertá e grandezza. A voler essere imperator tu di nome e di fatti, dovevi adunque colle solite imperatorie crudeltá incutere nei cittadini tremore, e alla oppressa virtú imporre eterno silenzio. Cosí almeno il meritato odio acquistando, gl’iniqui frutti raccolto ne avresti. Ma poiché di libero governo piaceati l’apparenza mostrarci, perché, col toglier la tirannide affatto, non assicurarne oramai in eterno la base? Beneficar puossi un popolo a mezzo? Il sollevarlo dalla oppressione, affinché altri poi di nuovo riopprimer lo possa, piú crudeltá che vera pietade sarebbe.

Ma tu, pietoso, umano, giusto e sagace, hai forse in pensiero di adoperare tai mezzi, per cui il principato d’ora in poi sia per essere mite sempre, e fra limiti, e non contrario a virtú?