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ii. del principe e delle lettere
 



d’ogni cosa, figli di se medesimi. La loro gloria sarebbe di tanto maggiore di quanto l’impulso necessario per superare gli ostacoli debb’essere sempre maggiore di quello che si prevale dei favori. Ma la loro utilitá tanto maggiore potrebbe riuscire, quanto meno aspettata nel secolo della oppressione, in cui scriverebbero. Cotali scrittori, eleganti perché dalle antecedenti eleganze ammaestrati; veraci e liberi, perché amano gli uomini, la vera gloria conoscono, e ardentemente oltre ogni cosa la bramano; caldi ed energici, perché il timor non gli agghiaccia, ed anzi dagli impedimenti generoso incitamento ritraggono; cotali scrittori, rinnovando la libertá, la forza e la leggiadria dei sommi ateniesi, maggior della loro ne dovrebbero ritrarre la fama. Appunto perché, non avendo come quelli la proteggente e incentiva libertá per lor madre, hanno pure ardito e saputo agguagliarli, ancorché nati in servaggio. Anzi, nello sviluppare le veritá importanti, riuscirebbero costoro anche assai piú forti e feroci dei greci: perché la natura dell’uomo è di maggiormente sentire la privazione delle cose, che non il godimento di esse. Quindi la libertá, dottamente studiata da chi appunto per non vi essere nato ardentissimamente la brama, verrá poi vestita da costui di ben altramente focose terribili e veraci espressioni, che non da tal altro che tranquillamente giá la possiede. E ben altro scalpello ci vuole a scolpire negli umani petti la intensa brama di una cosa non mai posseduta, e quindi appena appena da tali uomini conosciuta, che non ad accrescere in altri il desiderio di mantenere e difendere un bene giá prima conosciuto e lungamente gustato. Di tanto dovrebbero in somma, e potrebbero i moderni sublimi scrittori superare nella forza e nell’utile i piú sublimi d’Atene, di quanto per l’appunto i moderni popoli, nella conoscenza e pratica del vero, minori sono del popol di Atene.

Se dunque, in vece di effimeri foglietti, libri eccellenti di ogni specie, ed in copia, uscissero alla luce in questi nostri principati, sí per l’utile che arrecherebbero, sí per gli ostacoli superati, un tal secolo letterario sarebbe certamente da pregiarsi assai piú d’ogni altro. Ed io insisto, e ripeto, e torno a