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pregiudizio contrario ai passati; e perché si giudicano dagli effetti che hanno prodotto, non dall’impulso che li movea, e dalla inaudita sublime tempera d’animo di cui doveano essere dotati; abbenché con minor utile politico per l’universale degli uomini l’adoprassero.
Ma in questi tempi, dai presenti scrittori (i quali mai non lodano né destano alcun entusiasmo, perché non ne hanno nessuno) vengono freddamente accennati con lodi poco sentite quei veri antichi santi di libertá, e interamente vengono derisi questi santi di religione. I moderni scrittori, in vece d’innalzare e insegnare la sublimitá, pigliandola per tutto dove la trovano, col loro debole sentirla e col piú debolmente lodarla, affatto la deprimono ed obliar ce la fanno. Ma, poiché i piú leggiadri fra essi (fattisi intieramente padroni di un’arme tanto possente quanto è la ingegnosa derisione) hanno pure scelto di migliorare e illuminar l’uomo col farlo ridere; minoramento grandissimo, a parer mio, hanno recato alla loro propria fama, per non aver essi rivolto quell’acuta leggiadria del loro stile massimamente contro ai principi, i quali assai piú male ci han fatto e ci fanno tuttavia che non i santi ed i preti. Il credere in Dio, in somma, non nocque a nessun popolo mai; giovò anzi a molti; agli individui di robusto animo non toglie nulla, ai deboli è sollievo ed appoggio. Ma il credere nel principe ha sempre tolto e torrá ai popoli ogni vera virtú, la felicitá, la fama, le ricchezze ed i lumi; agli individui ha tolto sempre e torrá il vero amore di gloria, la sublimitá, la virtú e l’ardire.
Ed in prova di quanto io dico, la stessa religione cristiana, ancorché acerba nemica della gloria mondana, si vede pure essere ella stata, se non incitatrice di libertá, compatibile almeno con essa e con la felicitá, ed anche con una certa grandezza dei popoli, in tutte quelle regioni ove ella veniva modificata alquanto, o per dir meglio, ritratta verso i semplici suoi antichi princípi. Il che vediamo tuttavia fra gli svizzeri, gli olandesi, e gl’inglesi. Ma mi si mostri da qual corte di principe mai (e siano pur anche i Titi, i Marc’Aureli, i Traiani), o da qual principato mai, veramente costituito tale, ne ridondassero (non