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ii. del principe e delle lettere
 



soltanto tutti i pregi dello scrittore sublime; cioè sommo ingegno, integritá somma, conoscenza piena del vero, e non minore ardire nel praticarlo e nel dirlo. Da questo solo novero, verrei bastantemente a dimostrare che se tali e tante doti potessero per semplice forza di natura trionfare degli ostacoli annessi al nascimento e educazione del principe, un uomo che se ne trovasse fornito inorridirebbe tosto dell’esser principe, ed immediatamente cesserebbe di esserlo; e, divenendo facitore di cosí savie leggi che impedissero per sempre ogni futuro principe, egli verrebbe in tal modo (senza avvedersene) ad essere ad un tempo il primo degli scrittori tutti, e il solo vero gran principe che vi fosse mai stato. Dei tali non ne conosco dalle storie che un solo: Licurgo, che di re si facea legislatore, poi cittadino; e quindi finalmente esule si faceva della riprocreata sua patria, per dare cosí piú valore alle proprie leggi, acquetando con la sua lontananza l’invidia. Agide e Cleomene tentarono la stessa cosa piú secoli dopo; il primo perí nella impresa, il secondo non la riuscí interamente. Per ciò la gloria loro è minore di quella di Licurgo, ma di gran lunga maggiore di quella d’ogni altro principe.

Ma si lasci a parte questa specie di grandezza, principesca ad un tempo e cittadinesca ed umana, la quale, per essere troppo sublime, se non vi fosse stato un Licurgo, verrebbe riputata piú ideale che vera. Parliamo per ora delle tre specie di principi, grandi di grandezza principesca soltanto; che appunto di tre sorti ce ne somministra alcuni, ed anche rari, esempi la storia. Scegliendo dunque un principe grande di ciascuna classe, e paragonandolo a un veramente grande scrittore, (e di questa non ve n’è, se non d’una sola) mi affido di evidentemente dimostrare la veritá.

La esatta misura della fama meritata e acquistata innegabilmente sta nel maggiore o minore utile che si è arrecato agli uomini con imprese difficili, ardite, laboriose e grandi, sí per se stesse che pe’ loro effetti. I principi che noi chiamiamo grandi erano eglino conquistatori? La loro virtú è dunque stata utile soltanto ai pochi dei loro sudditi, dannosa ai piú, distruttiva per