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ii. del principe e delle lettere
 



I principi dunque che vogliono sottrarre da tanta vergogna se stessi, e ad un tempo sfuggir la tempesta, debbono, nel premiare gli scrittori, dar sempre loro tali onori o mercedi, che interamente li distolgano dallo scrivere cose veramente grandi: e, allacciandoli colla gratitudine, direttamente o indirettamente li debbono costringere a disonorare se stessi, e a screditare le loro filosofiche massime, contaminandole colle lodi dei principi inopportunamente frammiste.

Capitolo Duodecimo

Conclusione del primo libro.

Parmi fin qui aver brevemente toccato quanto può spettare ai principi circa ai letterati. E benché non poco mi sembri aver detto, piú assai mi rimarrebbe a dire, se non parlassi a lettori, ai quali non credo necessario il dir tutto. Ma se alcuno dubita di quanto ho fin qui asserito, legga nella storia e vicende della letteratura nel principato; e vedrá certamente che i principi hanno fatto, o cercato di fare, quanto io ho esposto qua sopra; ma che la piú o meno destrezza che hanno saputo impiegare in questa guerra d’astuzia, o sorda o patente, ha o generato o soffocato o contaminato piú o meno scrittori; ha lasciato spargere piú o meno luce nei popoli; procacciato piú o meno gloria od infamia agli scrittori ed ai principi.

Quindi, stimando io d’aver detto abbastanza in questo primo libro, tutto il giá detto ristringendo in un brevissimo assioma, conchiudo: che nei presenti tempi, benché il principe sembri quasi sforzato a parer di proteggere le lettere, pure, se principescamente sa rimunerarle, ne ritrarrá per se stesso (pur troppo!) piú assai vantaggio che danno.