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libro i - capitolo ix
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come in ogni altro asiatico dispotismo, sorge di tempo in tempo un tal capo che, nessuna altra dottrina conoscendo fuorché le leggi di natura fortemente sentite, dice con energica rozzezza a molti di quegli idiotissimi uomini: — Questo nostro principe è irreligioso, è tiranno, non è guerriero: si deponga, si uccida. — E spesso viene egli e deposto e ucciso.

Non nego però che a lungo andare, lo spirito dei libri non s’incorpori, direi cosí, nello spirito dei popoli, che nella loro lingua gli hanno; e penetra questo spirito in tutti gl’individui, o sia per tradizione, o sia per lettura effettiva, o sia per lo diverso pensare che si va facendo strada nel discorrere familiarmente; e penetra a tal segno che in capo a qualche secolo si trova poi mutata affatto l’opinione di tutti. Ma colla stessa lentissima progressione, si trovano poi anche mutati i mezzi e l’arte del comandare: e gli uomini (pur troppo) non si vengono niente meno di prima a tener sotto il freno da chi conoscere li sa e prevalersene.

Parmi adunque che i principi moderni, visto i progressi non impedibili oramai delle lettere, non abbiano perciò a perseguitare i letterati, perché in vano il farebbero; ma che sapendo essi serpeggiare fra loro e, per cosí dire, innestarseli, potranno forse riuscire a rendere col tempo le lettere non essenzialmente contrarie alla somma della loro illimitata autoritá, ed appena debolmente sfavorevoli a un certo eccessivo modo di esercitarla.

Capitolo Nono

Che gioverebbe al principe di estirpar le lettere affatto, potendo.

Se un solo principe vi fosse su questo globo, o se nessun altro governo vi fosse che il principesco; o se qualche isola cosí ben guardata vi fosse, da cui nessun uomo uscire, né alcuno entrar vi potesse, credo che in questi tre casi, il principato potrebbe con suo manifesto vantaggio proscrivere ogni lume di lettere e ogni qualunque libro che non insegnasse il servire.