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libro ii - capitolo viii
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universal volontá e opinione. E se al primo aspetto un tal desiderio pare inumano, iniquo e perfino scellerato, si consideri che le importantissime mutazioni non possono mai succedere fra gli uomini (come dianzi ho notato) senza importanti pericoli e danni; e che a costo di molto pianto e di moltissimo sangue (e non altramente giammai) passano i popoli dal servire all’essere liberi, piú ancora che dall’esser liberi al servire. Un ottimo cittadino può dunque, senza cessar di esser tale, ardentemente desiderare questo mal passeggero; perché, oltre al troncare ad un tratto moltissimi altri danni niente minori ed assai piú durevoli, ne dée nascere un bene molto maggiore e permanente. Questo desiderio non è reo in se stesso, poiché altro fine non si propone che il vero e durevol vantaggio di tutti. E giunge avventuratamente pure quel giorno, in cui un popolo, giá oppresso e avvilito, fattosi libero, felice e potente, benedice poi quelle stragi, quelle violenze e quel sangue, per cui da molte generazioni di servi e corrotti individui se n’è venuta a procrear finalmente una illustre ed egregia di liberi e virtuosi uomini.