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d’uno ingiusto e tirannico, che non per innalzar la tirannide su le rovine della libertá. La ragione, a parer mio, è patente. La tirannide non sottentra alla libertá, se non se con una forza effettiva, e talmente preponderante, che col solo continuo minacciare facilmente contiene l’universale. E mentre con l’una mano brandisce un ferro spietato, ella spande coll’altra a piena mano quell’oro che ha colla spada estorquito. Onde, distrutti alcuni pochi capi-popolo, corrottine molti altri piú, che giá guasti erano e preparati al servaggio, il rimanente obbedisce e si tace. Ma, la nascente libertá, combattuta ferocissimamente da quei tanti che s’impinguavano della tirannide, freddamente spalleggiata dal popolo che, oltre alla sua propria lieve natura, per non averla egli ancora gustata, poco l’apprezza e mal la conosce; la nascente libertá, divina impareggiabile fiamma, che in pochi petti arde pura nella sua immensitá, e che da quei soli pochi viene alquanto inspirata e a stento mantenuta nel petto agghiacciato dei piú; ov’essa per qualche beata circostanza perviene a pigliar alcun corpo, non dovendo trascurar l’occasione di mettere, se può, profonde e salde radici, si trova pur troppo costretta ad abbattere quei tanti rei che cittadini ridivenir piú non possono, e che pur possono tanti altri impedirne o guastarne. Deplorabile necessitá, a cui Roma, felice maestra in ogni sublime esempio, ebbe puranche la ventura di non andar quasi punto soggetta; poiché dal lagrimevole straordinario spettacolo dei figli di Bruto fatti uccidere dal padre, ella ricevea fortemente quel lungo e generoso impulso di libertá, che per ben tre secoli poi la fece sí grande e beata.
Ritornando ora al proposito mio, conchiudo con questo capitolo il libro, col dire che non vi essendo alla tirannide altro definitivo rimedio che la universal volontá e opinione, e non potendosi questa cangiare se non lentissimamente e incertamente, pel solo mezzo dei pochi che pensano, sentono, ragionano e scrivono; il piú virtuoso individuo, il piú costumato, il piú umano si trova pur troppo sforzato a desiderar nel suo cuore che i tiranni stessi, coll’eccedere ogni ragionevole modo, piú rapidamente e con maggior certezza cangino questa