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libro ii - capitolo vii
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interamente entrambi distruggere. Questo infame ed atrocissimo mezzo (che io primo il conosco per tale) indubitabilmente pure sarebbe, come sempre lo è stato, il solo efficace e brevissimo mezzo ad una impresa cosí importante e difficile. Inorridito ho nel dirlo; ma vie piú inorridisco in pensare quai siano questi governi, ne’ quali se un uomo buono operar pur volesse colla maggior certezza e brevitá il sommo bene di tutti, si troverebbe costretto a farsi prima egli stesso scellerato ed infame, ovvero a desistersi dall’altramente ineseguibile impresa. Quindi è che un tal uomo non si può mai ritrovare, e che questo sopraccennato rapido effetto dell’abuso della tirannide non si può aspettare se non per via di un ministro scellerato davvero. Ma questi, non volendo perdere del proprio altro che la fama (che giá per lo piú mai non ebbe) e volendo egli assolutamente conservare la usurpata autoritá, le prede e la vita; questi lascierá bensí diventare il tiranno crudele e reo quanto è necessario per fare infelicissimi i sudditi, ma non mai a quell’eccesso che si bisognerebbe per tutti destargli a furore e a vendetta.

Da ciò proviene che in questo mansuetissimo secolo cotanto si è assottigliata l’arte del tiranneggiare, ed ella (come ho dimostrato nel primo libro) si appoggia su tante e cosí ben velate e varie e saldissime basi che, non eccedendo i tiranni, o rarissimamente eccedendo i modi coll’universale, e non gli eccedendo quasiché mai co’ privati, se non sotto un qualche velo di apparente legalitá, la tirannide si è come assicurata in eterno.

Or ecco, ch’io giá mi sento d’intorno gridare: «Ma, essendo queste tirannidi moderate e soffribili, perché con tanto calore ed astio svelarle e perseguirle?» — Perché non sempre le piú crudeli ingiurie son quelle che offendono piú crudelmente; perché si debbono misurare i mali dalla loro grandezza e dai loro effetti, più che dalla lor forza; perché, in somma colui che ti cava ogni giorno poche oncie di sangue ti uccide a lungo andare ugualmente che colui che ad un tratto ti svena, ma ti fa stentare assai piú. Tutte le facoltá dell’animo nostro intorpidite, tutti i diritti dell’uomo menomati o ritolti, tutte le magnanime volontá impedite o deviate dal vero, e mille e mille

V. Alfieri, Opere - iv. 7