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il volta alpinista 75


août 1787), ampliando notevolmente, nei successivi capitoli, la parte relativa alle osservazioni ed alle esperienze. Rimando quindi


    Oh che silenzio universal là regna!
     Come tutto è deserto, e come v’alza
     Morte la sua vittoriosa insegna!

    Onda che altra onda mormorando incalza,
      Là mai non senti, e muto il vento aleggia
      Per la nuda di tutti arbori balza.

    E se vedi cader rupe che ondeggia,
      O per gran vento, o per sostegno infido,
      Solo è quel tuono a cui null’altro echeggia:

    Nè voce d’animal, nè acuto strido
      Vi risponde d’augello, cui paura
      Subita cacci dal tremante nido.

    Certo v’abita il Sonno; ed ogni cura
      Pare depor colà, par di sè stessa
      Dimenticarsi e riposar Natura.

    Ed il Sonno a me pur la mente oppressa
      Strinse allor ne’ suoi lacci, e dolce calma
      Comandata mi fu, non che concessa.

    Destaimi, e alzai la ristorata salma
      Ch’era la notte a mezzo l’emisfero,
      E stupor nuovo mi percosse l’alma.

    Cintia in un ciel dell’ebano più nero
      Splendea così, tal luce il bianco gelo
      Ripercuotea, che vinse ogni pensiero.

    Spenta n’era ogni stella. Ed io nol celo;
      Restar solo mi parve, e ne tremai,
      Visto deserto il suol, deserto il cielo. —

    Queste mi disse, ed altre cose assai.
      Mentre meco ei scendea da quella cima,
      Chiari spargendo di scïenza rai.

    Disse lo strano di que’ luoghi clima.
      Letto ch’egli ebbe il freddo, e letto il lieve
      Nel licor che s’abbassa o si sublima.

    Di quei ghiacci parlò; come la neve
      S’unisce e indura, e in gelo si converte
      Per nevi che fur sciolte, e ch’ella beve.

    Di que’ monti parlò; come coverte
      Del mare ancora d’abitanti vôto.
      Stesser le cime lor più acute ed erte:

    Come d’un mineral Nettunio loto
      Si componesse quella cote antica,
      Che il natal confessò da prima ignoto.

    Questo fu il sogno, e benchè lingua amica,
      Che il vero solamente a me s’offerse,
      Che illusïon quella non fu, mi dica:

    Pur sì maravigliose e sì diverse
      Fur le cose ch’io vidi, e tale a questo
      Incantato mio cor scena s’aperse,

    Che pensar non poss’io ch’io fossi desto.


    Altri poeti cantarono il Monte Bianco e l’ascensione del De Saussure. Fra i carmi sul Monte Bianco sono notevoli quelli del Shelley e del Lamartine. Il poeta ginevrino