E il ritorno di lui atteso molto
Discopre all’amoroso impazïente
Sguardo da lungi a rimirar rivolto.
D’ordigno tale armata in fra la gente,
Che stringesi a’ tuoi fianchi, immota resti,
Poi «ecco, eccol lassù!» gridi repente,
E chiami ad osservarlo, e il tubo appresti
Alle suore dilette, ai dolci figli,
Con trasporto abbracciando or quelle or questi;
Con lor movi questioni e ti consigli
Sul sperato ritorno del consorte,
Cui aspettan tuttor nuovi perigli.
Ma dov’è la tua figlia? Avversa sorte
Non la torria da te; ma un dolce peso,1
Che il sen le grava, ritien l’alma forte:
Ella da’ patrî tetti il guardo inteso
Al lontan monte, fuor che ghiacci e orrori
Non vede, e sol di tema ha il cor compreso.
Udisse almen le grida ed i clamori
Di gioia, e il suon de’ timpani festivi,
Che il bel trïonfo annunzia a’ spettatori!2
«Vivi! Sossure» grida ognuno «vivi!»;
Se’ giunto, hai vinto; or sarà ben che l’opre
Tutte a svelare di natura arrivi.
Ma quale mai agli occhi tuoi si scopre?
Tutto, se all’alto al basso il guardo giri,
D’insolito color s’ammanta e copre:
In ebano cangiati ha i suoi zaffiri3
Il cavo ciel; pur l’aureo sol più chiaro
I rai giù piove da’ lucenti giri.
Ma che? Se a un tempo prodigo ed avaro
Pari alla luce il caldo non dispensa
E l’aere agghiaccia trasparente e raro?