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il volta alpinista 69


Tu, che pur or dall’etra, ove sospinto
  Con stupenda virtù Pilatre1 s’era,
  Cader facesti dal suo peso vinto,

Sì che la salma affumicata e nera
  Parve accoglier pur ei dolente il suolo,
  Non che d’amici la pietosa schiera,

Natura, in questo fortunato e solo
  Giorno a’ trofei del nostro eroe prescritto,
  Deh! non rinnova all’Arti un simil duolo!

Già ver l’estremo vertice, che ritto
  Tutto di ghiaccio solido s’innalza,
  Giunto è co’ suoi il condottiero invitto:

Inerpicati su per quella balza
  L’occhio li scopre alfin del popol folto,
  Che per mirarli già si preme e incalza.

Siede nel fondo non deserto e incolto
  Della valle un päese2; ivi in aperto
  Loco si stava il popol tutto accolto;

Ognun pendeva desïoso, incerto
  Fra timore e speranza; ma il timore
  Vincea nel core più in amare esperto,

Nel più tenero core: ahi! Sposa, ahi! core,
  Che non soffrivi? Deh! perchè non fui
  Misto io pur allo stuolo spettatore?

Tu il fosti, e gli occhi immobili su lui
  Tenendo, che alla meta mai giungea,
  Spettacol di te offristi agli occhi altrui,3

Quando tremante la tua man correa
  A quell’ottica canna, che d’un dio
  D’amore invenzïone esser dovea,

Che il dolce ben, poi che da noi partio,
  Ravvicina pur anco, e il caro volto
  Svelato rende al cupido desìo,


  1. Francesco Pilâtre de Rozier, fisico, nato a Metz nel 1756, morto a Boulogne il 14 maggio 1785 durante un’ascensione in pallone.
  2. Il Priorato di Chamonix sopranominato. (N. d. V.).
  3. La sposa del sig. di Saussure, i due suoi figli, e due cognate in mezzo al popolo accorso contemplavanlo con un cannocchiale. (N. d. V.).