Lo seguon venti cacciatori esperti,
Usi il dotto stranier, Brittanno o Franco,
Spesso guidar per que’ sentier deserti;
Ei più ardito di lor, di lor men stanco,
Superati gli scogli, il primo segna
Ne’ rotti ghiacci il cammin aspro e bianco,
E quando là, dove silenzio regna
E morte e orror, scende la notte bruna,
Su’ ghiacci stessi di posar non sdegna
L’affaticato fianco; e l’importuna
Sete col ghiaccio pure a stento accheta.
Che in cavo rame egli discioglie e aduna.
Sorgea del terzo dì l’alba più lieta,
Quand’ecco fuor della gelata stanza1
Mossero in ver la sospirata meta.
Ora il più aspro del cammino avanza:
Non i Titani vi porrìano il piede.
Che di salir al cielo ebber baldanza;
Quei d’appressare la siderea sede
Tentaro invan, chè fulminato e spento
Giacque, e tal ebbe il folle ardir mercede.
Il tuo, Sossur, più nobile ardimento
Sieguon migliori auguri: i voti accesi
Di tanti cuor, del mio, non sperda il vento!
Genio dell’Arti préside, se resi
Ami a’ tuoi santi altari e culto e onore,
Sian dell’eröe i dì per te difesi!
E tu, o Natura, che il soverchio ardore
De’ scrutatori tuoi in ira avendo.
Spesso punisti un innocente errore,
Tu, ch’ai rimoti tempi, in quel tremendo
Giorno allor che ’l Vesevo il chiuso lato
A sè stesso squarciò con scoppio orrendo,
Sotto pioggia di cenere infocato
Il tuo gran Plinio pur volesti estinto.
Ch’oggi in Sossure ognun mira rinato;