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68 il volta alpinista


Lo seguon venti cacciatori esperti,
  Usi il dotto stranier, Brittanno o Franco,
  Spesso guidar per que’ sentier deserti;

Ei più ardito di lor, di lor men stanco,
  Superati gli scogli, il primo segna
  Ne’ rotti ghiacci il cammin aspro e bianco,
 
E quando là, dove silenzio regna
  E morte e orror, scende la notte bruna,
  Su’ ghiacci stessi di posar non sdegna

L’affaticato fianco; e l’importuna
  Sete col ghiaccio pure a stento accheta.
  Che in cavo rame egli discioglie e aduna.

Sorgea del terzo dì l’alba più lieta,
  Quand’ecco fuor della gelata stanza1
  Mossero in ver la sospirata meta.

Ora il più aspro del cammino avanza:
  Non i Titani vi porrìano il piede.
  Che di salir al cielo ebber baldanza;

Quei d’appressare la siderea sede
  Tentaro invan, chè fulminato e spento
  Giacque, e tal ebbe il folle ardir mercede.
 
Il tuo, Sossur, più nobile ardimento
  Sieguon migliori auguri: i voti accesi
  Di tanti cuor, del mio, non sperda il vento!

Genio dell’Arti préside, se resi
  Ami a’ tuoi santi altari e culto e onore,
  Sian dell’eröe i dì per te difesi!

E tu, o Natura, che il soverchio ardore
  De’ scrutatori tuoi in ira avendo.
  Spesso punisti un innocente errore,

Tu, ch’ai rimoti tempi, in quel tremendo
  Giorno allor che ’l Vesevo il chiuso lato
  A sè stesso squarciò con scoppio orrendo,

Sotto pioggia di cenere infocato
  Il tuo gran Plinio pur volesti estinto.
  Ch’oggi in Sossure ognun mira rinato;


  1. Aveva accampato la seconda notte sulla neve, scavandosi una gran fossa, ove tutti si raccolsero sotto una tenda, che tesa avevano per comporre l’apertura. (N. d. V.)