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speciale del monte stesso. Anche qui, alla colorita descrizione dei luoghi ed ai particolari topografici, botanici e faunistici, aggiunge molte notizie geologiche di grande interesse, data l’epoca in cui dettava la Relazione. È poi bello vedere il grande osservatore e sperimentatore richiamare al vero metodo di studio e di ricerca que’ traviati suoi contemporanei che, per ispiegare l’origine dei fiumi, si perdevano in un mondo di chiacchiere e di calcoli, di ipotesi e di bizzarrie, senza pensare affatto che l’unico mezzo di venire ad una soluzione giusta del gran problema era semplicemente quello di studiarlo sul terreno, risalendo i fiumi stessi, e non al tavolino fra i libri vecchi e le corbellerie della fisica antisperimentale. Parlando de’ ghiacciai come generatori dei fiumi, il Volta prelude agli studî sui medesimi, che, iniziati sulla fine del secolo scorso, furono ripresi con vero criterio

    cordi e le lettere del Goethe, che a questi viaggi si riferiscono, sono pagine bellissime, ed emerge da esse che tra i paesaggi alpini quello del San Gottardo lasciò più forti impressioni sull’animo del poeta, che certo pensava alle solitudini di quel valico nell’atto quarto della seconda parte del Faust, dove la scena rappresenta l’alta montagna. La prima volta che il Goethe salì al Gottardo (giugno 1775) ebbe una giornata incantevole e potè godere a tutt’agio di quei superbi panorami. E di ritorno scrisse entusiasta: “Sì, io sono salito alla Furca, al San Gottardo! Quelle scene della natura, sublimi, incomparabili, saranno sempre presenti al mio pensiero„. Interessanti particolari su questa prima gita si leggono nella sua opera: Dichtung und Wahrheit (poesia e verità). Della seconda visita troviamo notizia nelle sue Lettere dalla Svizzera, parte II, e precisamente nelle due ultime, in data 13 novembre 1779, scritte dall’Ospizio dei Cappuccini, l’una al mattino e l’altra nel pomeriggio. Diceva in esse di provare singolari impressioni in quegli alti luoghi e di immergersi con piacere nei pensieri suscitati dalle meraviglie del sito. Della terza volta, infine, lasciò qualche appunto nel suo Giornale di viaggio, dove segnò la natura e la disposizione delle roccie, la qualità della vegetazione, e vari altri dati sul Gottardo. Su queste escursioni alpinistiche del Goethe oltrecchè ne’ suoi scritti, che furon tradotti in francese dal Porchat (Oeuvres de Goethe, vol. IX, Paris, Hachette, 1862), si trovano notizie negli studi speciali dell’Egger (Goethe in den Alpen) e del Rambert Les Alpes vues par Goethe).
       Un poemetto, intitolato il Passaggio del San Gottardo, fu scritto nel 1793 dalla duchessa Giorgina di Devonshire, che narrò la traversata da essa compiuta in quell’anno venendo dall’Italia; fu tradotto dall’inglese in francese da Giacomo Delille (Dityrambe sur l’immortalité de l’âme, suivi du passage du St. Gothard. Paris, 1802). Il componimento è belino, ma tra le note che lo corredano v’ha la seguente, un po’ strana: “Il contrasto fra la Svizzera ed il Milanese ci colpì grandemente: quest’ultimo era infestato da una banda di ladri che ci cagionò qualche allarme, e ci obbligò a metterci in guardia. Ma non appena toccammo le montagne svizzere, potemmo proseguire il nostro viaggio senza la minima inquietudine e nella più perfetta sicurtà.„
       Una minuta descrizione della strada del Gottardo, accompagnata da bellissime incisioni, trovasi nello splendido libro dell’Osenbrüggen sulle Alpi ed i ghiacciai della Svizzera, edito in tedesco ed in francese (Basilea, editore Krüsi). Pregevole è pure la descrizione tascabile della linea del Gottardo, dove si parla del valico e del tunnel fatta in tedesco dall’Hardmeyer e tradotta in francese ed aumentata dal celebre alpinista e letterato Eugenio Rambert. Ancora del Gottardo parla piacevolmente il Kohl ne’ suoi Alpenreisen (Dresda, 1849). Una carta topografica del Gruppo del Gottardo al 50.000 fu pubblicata nel 1872 dal Club Alpino Svizzero, che aveva scelto quella regione come campo ufficiale di escursioni.