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il volta alpinista | 13 |
toccato Mons, Valencienne, Cambray e Péronne. Circa questo ultimo tratto di strada segnò sul suo taccuino l’osservazione seguente: «Vi sono alcune dolci colline da attraversare, che ai Francesi, e sopratutto ai postiglioni, paiono grandi montagne». A Parigi si trattenne quattro mesi, e in questo frattempo fece continue passeggiate nei dintorni della metropoli francese, preferendo queste ai sontuosi ricevimenti ufficiali cui era continuamente invitato e che — genuino montanaro — davangli più fastidio che diletto! Tutt’al più — confessa egli medesimo — godeva di alcuni pranzi «buoni», e specialmente quando vi partecipavano «amatori di scienze naturali». Lo stesso desiderio di fare escursioni, visitando luoghi alpestri, cave, miniere, ecc., appare dalle lettere ch’egli scriveva durante il soggiorno di Londra, e che in parte riporta il Mocchetti nel suo Elogio1.
Un lungo viaggio intraprese il Volta nel 1784 in compagnia del collega Antonio Scarpa, il celebre medico. Essi s’erano recati a Vienna, e colà furono ricevuti da Giuseppe II, che, non solo li colmò di cortesie, ma diede loro il permesso ed i quattrini perchè si recassero a visitare la Germania. Però nelle poche memorie che si conoscono di questo viaggio ho trovato nulla di carattere alpinistico. Maggiori particolari, che fanno al caso nostro, si rinvengono nelle notizie tramandateci della corsa a Ginevra nel settembre del 1787 e dell’ultimo viaggio del Volta all’estero, che ebbe luogo nel 1801, quando egli fu chiamato all’Istituto di Parigi ad esporre la teoria della pila. In entrambe le occasioni il Volta valicò il Sempione. In una bella lettera2 al fratello Luigi, in data di Sion 7 settembre 1787, egli narrò come avvenne il passaggio: «Eccomi — scriveva — passata la montagna, e già arrivato in questa capitale del Vallese, che appena merita il nome di città. Il viaggio fin qui è stato incomodo sì, ma felicissimo col più bel tempo possibile. Vi piacerà di sentire il giornale: eccolo. La mattina dei 3, partito da Como, venni a Varese a pranzo, dove presi un’altra carrozza per Laveno: vi arrivai due ore prima di notte, onde con una barchetta ebbi tempo di fare il traverso di lago, che è di tre in quattro migli, a Intra ancor di giorno. Il giorno 4, presa un’altra barca, andai in tre ore circa a Marguzzo, che resta a capo del Laghetto di tal nome, il quale comunica per mezzo d’un canale d’un buon miglio di lunghezza col Lago Maggiore. A Marguzzo presi a nolo i cavalli fino a Domo d’Ossola distante cinque ore da cavallante, e quattro