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Veduta di Polcenigo in una cartolina viaggiata nel 1910 (collezione Gino Sanchini Polcenigo). di carne e latte e non disponevano nemmeno di grande forza motrice. A Polcenigo erano diffusi anche l’allevamento di ovini, dai quali si ricavavano latte e poca lana per gli usi strettamente domestici, e quello - preziosissimo per la dieta contadina del tempo - dei suini, mentre erano piuttosto scarsi caprini ed equini (cavalli, asini, muli). Importante risorsa del comune erano le parecchie malghe esistenti in montagna, dove centinaia di animali venivano portati ogni anno fra la tarda primavera e l’inizio dell’autunno ad alpeggiare (la cosiddetta “monticazione”), con conseguente produzione di burro e altri latticini abbondante e di buona qualità (molto ricercate erano le ricotte, fresche e affumicate). Da parte degli esperti del settore si lamentava però una pessima cura delle malghe e un incongruo utilizzo dei vasti pascoli comunali montani, che avrebbero potuto rendere molto di più se ben usati e tenuti con la dovuta cura (cfr. Baccichet 1998). Ancora comune, ma per varie ragioni in calo, era l’allevamento domestico, grazie alle foglie dell’onnipresente gelso, dei bachi da seta, che aveva procurato tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento grande gloria e notorietà a Polcenigo, a lungo riconosciuta come una delle località friulane dove si ricavavano in abbondanza sete di grande qualità. A fine Ottocento erano attive in paese un paio di piccole filande, che davano lavoro a una trentina di donne adulte e ragazze per un breve periodo (all’incirca un mese all’anno). In piccola scala erano poi praticate nel comune di Polcenigo la selvicoltura, che forniva legname dà brucio e da costruzione, e la produzione di carbone vegetale, entrambe esercitate in montagna attraverso lavori faticosi e pericolosi e in fondo poco remunerativi. 7