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l’Aimorè che avea spaventato la sua signora, prima che avesse tempo di emettere un secondo grido.
Cecilia, afflitta e dolente, ricusava prendere l’alimento che sua madre o sua cugina le portavano?
Pery, affrontando mille pericoli, correndo rischio di sfracellarsi sulle punte delle roccie, di essere crivellato dalle freccie dei selvaggi, guadagnava la foresta, e un’ora appresso tornava recando un frutto dilicato, un favo di miele avvolto in fiori, od altra venagione squisita, che la sua signora toccava colle labbra per ricambiare almeno tanto amore e tanta devozione.
Le prodezze dell’Indiano giunsero a tale, che Cecilia videsi obbligata a proibirgli di allontanarsi dal suo fianco, e a guardarlo a vista per tema che non si facesse uccidere ad ogni istante.
Oltre l’amistà che serbava per lui, un certo che, una speranza vaga diceale che nella condizione disperata in cui trovavansi, se alcuna salvezza ci potea essere per la sua famiglia, verrebbe dal coraggio, dall’intelligenza e dalla sublime annegazione di Pery.
Se egli morisse, chi veglierebbe sopra di lei con quella sollecitudine e quello zelo ardente, che al tempo stesso facea le veci delle carezze d’una madre, della protezione di un padre e dell’affabilità di un fratello? Chi sarebbe il suo angelo custode per liberarla da un affanno, e al tempo stesso il suo schiavo per soddisfare al menomo suo desiderio?