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il nemico comune, ancorchè dappoi volessero persistere nel loro proposito.
Don Antonio de Mariz, trincerato nella parte della casa che abitava, circondato dalla sua famiglia e da’ suoi amici fedeli, era determinato a difendere fino agli estremi que’ pegni confidati al suo amore di marito e di padre.
Se la Providenza non permetteva che un miracolo venisse a salvarli, morrebbero tutti; ma egli facea conto di esser l’ultimo, per vegliare che non fosse fatto oltraggio neanco alle loro spoglie.
Era il suo dovere di padre e di capo: come il capitano che è l’ultimo ad abbandonare la nave, egli sarebbe l’ultimo a rinunciare alla vita, dopo aver assicurato alle ceneri de’ suoi il rispetto dovuto ai morti.
Quanto non era mutato l’aspetto di quella casa già sì gaia e piena di vita! Parte dell’edifizio che corrispondeva al luogo abitato dagli avventurieri era stato abbandonato per prudenza; don Antonio avea raccolto la sua famiglia nell’interno per evitare qualsivoglia accidente.
Cecilia avea lasciata la sua stanza tanto vaga e deliziosa, per cederla a Pery che ne avea fatto il suo quartier generale e il centro delle sue operazioni; perocchè, fa di mestieri il dirlo, l’Indiano non partecipava allo scoraggiamento generale, e avea una fiducia incrollabile di poter salvar tutti.
Erano le dieci della sera; la lampada d’argento,