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sentarsi in faccia di don Antonio; ma si accorse che se lasciava andar le cose per la loro china, era perduto infallantemente.
Appresen tossi:
— Non vi sono qui colpevoli, signor don Antonio de Mariz, disse Loredano entrando in ardenza progressivamente; sì bene uomini che sono trattati come cani; che sono sacrificati a un vostro capriccio, e che sono risoluti di rivendicare i loro diritti di uomini e di cristiani!
— Sì! gridarono gli avventurieri rincorandosi. Vogliamo che sia rispettata la nostra vita!
— Non siamo schiavi!
— Obbediamo, ma senza esserci venduti.
— Siamo da più che un eretico!
— Abbiamo arrischiato la nostra esistenza per difendervi!
Don Antonio ascoltò impassibile tutte queste sclamazioni, che acquistavano grado grado il tuono della minaccia.
— Silenzio, villani! Dimenticate che don Antonio de Mariz possiede ancora forza bastante per istrappare la lingua a chiunque osasse insultarlo! Sciagurati, che ricordate il dovere come un benefizio! Arrischiaste la vostra vita per difendermi?... E qual era il vostro obbligo, uomini, che vendete il vostro braccio, il vostro sangue a chi meglio li paga. Sì! Siete da meno che schiavi, da meno che cani, da meno che bestie! Siete traditori infami e perversi... meritate più della morte; meritate il disprezzo.