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Confidando in questa eccellente idea, Ruy si pose la chiave in tasca e andò a riunirsi al suo compagno, che stava di sentinella vicino alla scala.

Attendeva Loredano, che dovea entrar in casa a notte avanzata, per dirigere tutta quella trama ordita con singolare abilità.

Loredano avea facilmente ingannato don Diego de Mariz; sapea che l’ardente cavaliere andava a marcia forzata, e che non si arresterebbe in cammino per ragione qualsifosse.

A tre leghe dal Paquequer finse di aver rotta la cinghia della sua cavalcatura, e si trattenne per acconciarla; nell’atto che don Diego e i suoi compagni continuavano la loro via nella persuasione che li seguirebbe di volo, egli era tornato sui propri passi, e nascosto nelle vicinanze aspettava che si facesse notte.

Quando si accorse che tutto era silenzio, avvicinossi; diè il segnale di convenzione, che era il canto del gufo, e s’introdusse di furto nell’abitazione.

Il rimanente che seguì già lo sappiamo. Vedendo che tutto era preparato e pronto al primo segnale, Loredano diè cominciamento all’esecuzione del suo disegno e riuscì a penetrare nella camera di Cecilia.

Prendere la fanciulla tra le braccia, rapirla, attraversare lo spianato, arrivare alla porta dello stanzone abitato dagli avventurieri, e pronunciare il segno convenuto, era cosa che facea disegno di effettuare in un attimo.