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ad Ayres Gomes per fare la guardia notturna con uno de’ suoi compagni, visto che si temeva di un qualche assalto del nemico; il bravo scudiero, che lo avea per uno dei più valenti della banda, cadde nel laccio e accettò l’offerta.
Signore del campo, l’avventuriere potè allora terminare liberamente i suoi preparativi, e per maggior sicurezza trovò anche il modo di tener discosto lo scudiero, che da un momento all’altro potea sopraggiungere e dargli impaccio.
Ayres Gomes, in compagnia del suo vecchio amico mastro Nunes e di altri due vecchi camerati giunti in quello stesso dì, stava vuotando una bottiglia di vin di Valverde, che beveano lentamente, sorso per sorso, per dissimulare così la tenue porzione del liquore destinato a umettare la gola dei quattro formidabili beoni.
Mastro Nunes applicò voluttuosamente le labbra all’orlo della tazza, sorbì un po’ di vino, e dipoi facendo scoccar lievemente la lingua nel cielo della bocca, riadagiossi ben bene sul tripode ov’era seduto, incrociando le mani sopra il ventre prominente con una beatitudine celeste.
— Fin dal momento che arrivai stetti sempre in sul domandarvi una cosa, amico Ayres; e mai non mi venne fatto.
— Non lasciate passar l’occasione adesso, Nunes. Sono qui per rispondervi.
— Ditemi, chi è quel tale che accompagnava don Diego, e cui date un diavolo di nome che non è portoghese?