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Allora dimise la paura, e una specie di rabbia e frenesia si impadronì di tutta la sua persona; il primo sforzo gli difede l’ardire, come la vista del sangue eccita il furore della belva.
Una seconda scossa più violenta della prima agitò la tavola, che oscillò sull’orlo della roccia; ma non si udì il tonfo d’un corpo, solo s’intese il percuotere del legno contro il sasso.
Ruy, disperato, attonito, stava per abbandonare l’asse quando giunsegli all’orecchio debole e fioca la voce di Loredano: era tale che a stento distinguevasi nel silenzio profondo della notte.
— Siete affaticato, Ruy?... Potete ritirare la tavola; non ne ho più bisogno.
L’avventuriere rimase come trasecolato; effettivamente quell’uomo era uno spirito infernale, che libravasi sull’abisso, che si beffava del pericolo, e la morte non potea offenderlo.
Ignorava che Loredano, colla sua consueta previdenza, quando entrò nella cameretta, prima di afferrare la tavola, avea avuto la precauzione di passare attorno ad una trave del pian terreno l’estremità di una lunga corda, che cadeva sopra la parte di fuori della parete, a un braccio di distanza dalla finestra di Cecilia.
Perciò, appena fece il primo passo sopra quel ponte aereo, Loredano non trascurò di stendere il braccio e afferrare il capo della corda, che tosto legò alla cintola; di tal modo, se mancavagli il sostegno, rimaneva sospeso nell’aria, e ancorchè con più difficoltà, sarebbe del pari riuscito nel suo intento.