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aure, mormoravano in quel momento al suo orecchio melodie ineffabili, mistiche note, che risuonavano nel profondo del suo cuore.
Pery giudicando la sua signora addormentata, remava dolcemente per non turbarne il riposo; la fatica cominciava a vincerlo; non ostante l’indomato coraggio e la possente volontà, le sue forze erano esauste.
Vincitore appena nella lotta terribile contro il veleno, avea cominciato l’impresa quasi impossibile della salvezza della sua signora; già da tre giorni più non chiudeva un occhio, non aveva lasciato riposare un istante lo spirito.
Tutto quanto la natura permetteva all’intelligenza e al potere dell’uomo, egli avea fatto, e tuttavia non era la fatica del corpo che lo vinceva, ma le emozioni violente per cui era passato in quei dì.
Quello che avea provato quando libravasi sull’abisso, e la vita della sua signora dipendeva da un passo in fallo, da un’oscillazione del fragile tronco disposto a ponte pensile, nissuno è capace di comprenderlo.
Quello che sofferse, quando Cecilia nella sua disperazione per la morte del padre lo accusava di averla salvata, e imponevagli di ricondurla al luogo ove riposavano le ceneri del vecchio fidalgo, è impossibile a descriversi.
Furono ore di martirio, di sofferenza orribile, cui la sua anima avrebbe soggiaciuto, se egli non avesse trovato nella sua volontà inflessibile e