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Nel mezzo della stanza vedeasi uno di quei grandi vasi vetrificati, opera degli Indiani, che conteneva poco meno di un quintale di polvere.

Da un’apertura che ci avea nel fondo del vase partiva un lungo canale, che andava a terminare nella polveriera, ove tutte si trovavano sepolte le munizioni da guerra del fidalgo.

Due pistole, quella di don Antonio e di Alvaro, non aspettavano che un moto degli avventurieri per gettare la prima favilla in quel vulcano.

Donna Lauriana, Cecilia e Isabella, inginocchiate, oravano immaginando di vedere ad ogni istante avvolti in un turbine tutti gli spettatori di quella scena.

Era questa l’arma terribile, di cui avea parlato poco prima don Antonio, allorchè disse ad Alvaro che Dio aveagli concesso il potere di fulminare tutti i suoi nemici.

Alvaro comprese allora la ragione, per cui il fidalgo avealo obbligato a partire con tutti gli uomini onde salvar Pery, dicendosi forte abbastanza per difendere da solo la propria famiglia.

Quanto agli avventurieri, rammentaronsi del giuro solenne di don Antonio de Mariz; il fidalgo tenea tutte le loro vite nella propria mano, e non gli occorreva che un semplice moto per ridurli in polvere come un vaso d’argilla.

Gettando uno sguardo attonito attorno di sè, i sei delinquenti vollero fuggire, ma non osarono far un passo, e rimasero come inchiodati nel medesimo luogo.