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In fatti quell’offerta, che i selvaggi faceano al prigioniero di un’arme per difendersi, era una derisione crudele; stretto dal laccio, che lo legava, immobile per la tensione della corda, il di più che potesse fare il suo braccio era ruotare il tacape nell’aria, senza poter toccare i suoi nemici.
Pery prese l’arma che gli recò la fanciulla, e calcandola a’ piedi incrociò le braccia, e aspettò il cacico che si avanzava lentamente, terribile e minaccioso.
Arrivato in faccia del prigioniero, la fisonomia del vecchio rischiarossi d’un sorriso feroce, d’un riflesso di quell’ebrietà sanguinaria, che dilata le nari del jaguar presto a lanciarsi sulla preda.
— Sono tuo uccisore! diss’egli in guarany.
Pery non si commosse, udendo la sua bella lingua adulterata dai suoni rauchi e gutturali, che uscivano dalle labbra del selvaggio.
— Pery non ti teme!
— Sei Goytacaz?
— Son tuo nemico!
— Difendili!
L’Indiano sorrise.
— Tu nol meriti.
Gli occhi del vecchio mandarono faville di rabbia, e la sua mano strinse l’impugnatura della clava; ma egli represse quell’accesso di collera.
La sposa del prigioniero attraversò il campo e offerse al vincitore un gran vaso di argilla