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Aveano in sì gran conto la gloria di far un prigione nel combattimento, e di sacrificarlo nel mezzo delle feste e cerimonie che usavano celebrare, che nessun selvaggio uccideva il nemico che si rendeva; lo facevano captivo.
Quanto a Pery, veggendo il gesto del cacico e l’effetto prodotto, la sua fisonomia rasserenossi; l’infinta umiltà, il modo supplichevole che avea assunto facendo uno sforzo supremo, sparve bentosto.
Rizzossi, e con superbo disdegno stese i pugni verso i selvaggi che per comandamento del vecchio accingevansi a legargli le braccia; parea anzi un re che dava un ordine a’ suoi vassali, che un prigione che si soggettava al vincitore; tal era l’alterezza del suo portamento e il disprezzo con cui squadrava l’inimico.
Gli Aimorè, dopo avergli stretti i polsi, lo condussero discosto all’ombra di un albero, cui lo legarono con una corda di cotone variopinta, che i Guarany chiamavano mussurana.
Dipoi, nel tempo che le donne sotterravano i morti, adunaronsi a consiglio, presieduto dal vecchio cacico, cui tutti davano ascolto con rispetto, e rispondevano ciascuno alla sua volta.
Nell’atto che i guerrieri favellavano, la piccola Indiana raccoglieva i frutti più squisiti, le bevande meglio preparate, e li offriva al prigioniero, di cui era stata posta al governo.
Pery, seduto sopra la barbicaia dell’albero e appoggiato al tronco, non si curava di ciò che