Pagina:Alencar - Il guarany, III-IV, 1864.djvu/12


— 10 —

tersi ad ogni sbaraglio; ma sapeano che il nemico, ond’erano minacciati, abbondava pure di intrepidezza e di valore, e che era di loro molto più numeroso. Oltracciò sentivano ribrezzo del modo di guerreggiare di quella gente selvaggia, che, non che risparmiare la vita del nemico, imbandisce le mense delle sue carni.

Quando udirono l’ordine di don Antonio de Mariz di non lasciare la casa, non poterono dissimulare il loro malcontento. Avvezzi a correre liberamente la campagna, abborrivano quella specie di assedio, che senza dubbio sarebbe accompagnato da qualche privazione. Ma Alvaro li rinfrancò con acconcio discorso, e terminò col dire:

— Non è solo la nostra vita che abbiamo a difendere, essa poco vale per ognuno di noi; sì la persona di colui che confida nel nostro zelo e nel nostro coraggio, e la tranquillità di una famiglia onorata che tutti apprezziamo.

Queste nobili parole del cavaliere, e l’affabilità del gesto, che rendea più soave la fermezza della sua voce, serenarono compiutamente gli animi; tutti si mostrarono soddisfatti.

Solo Loredano era disperato per vedersi costretto a ritardare l’effettuazione del suo disegno; essendo cosa di troppo rischio tentarla in casa, nel mezzo di tutti, e soggetto a tradirsi per un gesto, per un segnale.

Alvaro scambiò alcune parole con Ayres Gomes, e voltossi di nuovo agli avventurieri.

— Don Antonio de Mariz ha bisogno di quat-