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E Loredano mostrò all’avventuriere il pugnale, la cui punta era tinta di sangue ancor liquido.
— Ci ha qui dunque un nemico?...
— Per certo; gli amici non hanno bisogno di ascondersi.
In questa udirono un rumore nel soffitto, e un vipistrello passò agitando lentamente le sue grandi ali: era ferito.
— Ecco il brigante!... sclamò l’avventuriere sorridendo.
— È vero, rispose Loredano nello stesso tuono; confesso di aver avuto paura di un vipistrello.
Tranquilli rispetto all’accidente che li avea soffermati, entrarono nella cucina, e di quivi per un’angusta breccia aperta nel muro maestro penetrarono nell’interno della casa poc’anzi abitata da don Antonio de Mariz e dalla sua famiglia.
Attraversarono parte dell’edifizio e giunsero a un tramezzo, contiguo da un lato all’appartamento di Cecilia e dall’altro all’oratorio e alla sala d’armi del fidalgo.
Quivi l’avventuriere fermossi; e mostrando a Loredano la porta di legno brasile puntellata che metteva nella sala, gli disse:
— Non è con due parole che l’abbatteremo!
Loredano accostossi e s’accorse che la solidità e la fortezza della porta non gli permettevano la menoma violenza: tutto il suo disegno andava in fumo.