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— Intendo; e giuro che saprò far tacere il mio cuore; che, occorrendo, lo farò ammutolire, prima di darti un’ombra di tristezza.

— Nò, sclamò Cecilia, tu non mi comprendi; non è questo che ti chiedo, al contrario voglio che... sii felice!

— Che sia felice! dimandò Isabella repentinamente.

— Sì: rispose la fanciulla abbracciandola e parlandole sotto voce all’udito; che ami lui e me pure.

Isabella alzossi pallida e in forse ancora di quello che avea udito; Cecilia ebbe forza bastante per rinfrancarla con un sorriso, con uno de’ suoi sorrisi divini.

— No, è impossibile! Tu vuoi farmi impazzire, Cecilia?

— Voglio ritornarti lieta, rispose la giovane accarezzandola; voglio che lasci quel sorriso malinconico, e mi abbracci come tua sorella. Non lo merito?

— Oh! sì, sorella mia; tu sei un angelo di bontà, ma il tuo sacrifizio è inutile; io non posso esser felice, Cecilia.

— Perchè?

— Perchè egli ti ama! mormorò Isabella.

La fanciulla arrossì.

— Non dir ciò; è falso.

— È vero anche troppo.

— Egli tel disse?

— No, ma l’indovinai prima di te stessa.