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Quando Pery ebbe tagliato un dieci braccia di cipò che si attortigliò al collo, ringuainò il pugnale, e si volse allo scudiero sorridendo.
Ayres Gomes, senza trepidare, trasse la spada, e si pose in guardia secondo le regole della nobile e liberal arte della scherma, che professava fin dalla più tenera età.
Era un duello originale e curioso, che il simigliante non s’era mai veduto; un combattimento in cui il ferro lottava contro l’agilità, e la spada contro un vimine.
— Mastro cacico, disse lo scudiero corrugando il sopracciglio, tienti da parte; perchè, parola di Ayres Gomes, se ti accosti, ti passo colla durindana!
Pery stese il labbro inferiore in segno di noncuranza; e cominciò a volteggiare rapidamente intorno allo scudiero, in un circolo di cinque passi, che lo ponea fuori del tiro della spada: era sua intenzione assaltarlo alle spalle.
Ayres Gomes, appoggiato a un debole arbusto, e obbligato a dar volta sopra sè stesso come un arcolaio per difendersi alla schiena, sentì girarsi il capo e vacillò.
L’Indiano si giovò del buon punto; si gettò sopra di lui, lo prese per le spalle, gli afferrò le braccia, e si pose a legarlo al medesimo tronco della pianta, cui era appoggiato.
Quando lo scudiero si riebbe dalla vertigine, una fune di cipò lo legava al tronco dal ginocchio alle spalle; e l’Indiano proseguiva il suo cammino placidamente.