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Antonio de Mariz un solo pensiero, un solo movimento, che effettuò colla forza e l’impeto che gli dava quel suo sublime amore di padre, che era tutta la sua vita.
Nell’atto che il fidalgo poneva Cecilia, quasi svenuta, nel grembo di sua madre, l’Indiano saltava nel mezzo della valle; e la pietra rotolando precipitava dall’alto e affondavasi per un buon tratto nel terreno.
Fu allora che gli altri spettatori di cotesta scena, come paralizzati dallo strano accidente, gettarono un grido di terrore, pensando al pericolo che già era passato.
Un largo solco, che si stendeva da quell’eminenza fino al luogo ove Cecilia si era adagiata, mostrava la strada tenuta dal masso, che svelse e abbattè quanto incontrò nel suo rapido corso.
Don Antonio, ancora pallido e tremante pel pericolo corso da Cecilia, volgeva gli occhi da quel sito, che per lui avea l’aspetto di una tomba, verso il selvaggio, sorto come un genio benefico dalle foreste del Brasile.
Il fidalgo non sapea che cosa ammirare di più, se la forza o l’eroismo con che avea salva sua figlia, o il miracolo d’agilità con cui si era cansato da morte.
Quanto al sentimento, che era stato cagione di quel procedere, don Antonio non maravigliavasi; conosceva il carattere de’ nostri selvaggi, tanto ingiustamente calunniati dagli storici; e sapea che all’infuori della guerra e della vendetta