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D’improvviso udì nel silenzio della notte elevarsi una voce argentina, che cantava un’antica canzone portoghese, con un sentimento e un’espressione incantevole.

I dolci suoni di un chitarrino spagnuolo accompagnavano quella musica originale e graziosa.

La canzone diceva così:

Fu già un tempo: un prence more
                       Lasciò
Sua magion d’argento e d’oro.
Salì in groppa al suo corsiero,
                       Partì
Senz’un paggio, uno scudiero.
D’un castello al barbacane
                       Giunse,
E a sua eccelsa torre immane.
Ivi ai pie di quella ch’ama,
                       Giurò
Fedeltade alla sua dama.
Sorridea la bella diva;
                       Che mai
Si mostrò ritrosa e schiva.
Tu sei moro; io son cristiana:
                       Disse
La vezzosa castellana.
Moro, ti do il mio amore;
                       Cristian,
Sarai mio nobii signore.
La sua voce era un incanto;
                       L’occhio,
Languidetto, chiedea tanto!