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si aprì, e la terra s’incendiò colla luce di un lampo tanto vivido, che ne fu abbarbagliato.

Due fulmini, descrivendo liste di fuoco, erano caduti sulla foresta, e avean diffuso all’intorno un fetore di zolfo che soffocava.

Il carmelitano fu preso da vertigine, e ricordossi della scena della sera, di quel tremendo castigo che egli stesso avea evocato nella sua ipocrisia, e che tanto prontamente si era avverato.

Ma l’abbarbagliamento passò; e ancora abbrividendo, ancora pallido di terrore, il reprobo levò il braccio come per sfidare la collera del cielo, e pronunziò una bestemmia orribile:

— Potete uccidermi; ma se mi lasciate la vita, ho da esser ricco e potente contro il volere del mondo intero!

Ci avea in queste parole un non so che dell’insania e della rabbia impotente di Satana, precipitato nell’abisso dalla sentenza irrevocabile del Creatore.

Continuando il suo cammino fra le tenebre, costeggiò la siepe, e arrivò poco distante a un insieme di capanne, ove il missionario era pervenuto a raccogliere alcune famiglie di Indiani; entrò e svegliò uno dei selvaggi, cui ordinò di prepararsi ad accompagnarlo non appena albeggiasse.

La pioggia cadeva a torrenti, e il vento infuriava contro le pareti di sapê della capanna, sibilando traverso la paglia.