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Questi due uomini si guardarono un momento in silenzio; ambedue avevano la stessa grandezza d’animo, lo stesso coraggio elevato fino all’eroismo, la stessa nobiltà di sentire; e frattanto le condizioni della vita li ponevano in contrasto.
In Alvaro, l’onore, quello spirito di lealtà cavalleresca, dominava sopra tutte le sue azioni; non ci era affezione o interesse che potesse spezzare quella linea invariabile che si avea tracciato, e ch’era la linea del dovere.
In Pery la devozione vincea tutto; vivere per la sua signora, creare attorno di lei una specie di providenza umana, era la sua vita; egli sacrificherebbe il mondo, se fosse possibile, solo per potere, come il Noè indiano, salvare un palmizio per ricoverarvi Cecilia.
Tuttavia quelle due tempre, una figlia della civiltà, l’altra della libertà selvaggia, ancorchè separate da una distanza immensa, comprendevansi: la vita avea tracciato loro un cammino differente; ma Dio avea infuso nei loro animi lo stesso germe di forza e di vigore, che alimenta i grandi sentimenti.
Pery si accorse che Alvaro non cederebbe; Alvaro sapea che Pery, malgrado il suo rifiuto, compirebbe esattamente ciò che avea deliberato.
A principio l’ostinazione del cavaliere parve aver fatto impressione sull’animo dell’Indiano; ma poscia egli rizzò alteramente il capo, e battendo colla mano sul suo largo e vigoroso torace, disse con un accento d’energia ammirabile: