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La ferita dell’Indiano, che si era aperta per effetto dell’emozione nel momento crudele che la sua signora gli ingiungeva di partire, avea macchiato la tunica di cotone d’un punto quasi impecettibile, stante la grossezza del tessuto; questo punto fu un raggio di luce per don Antonio.
Lo scudiero, il degno Ayres Gomes, che dopo sforzi in uditi era riuscito a trarre a sè col piede la spada, ad afferrarla e a troncare con essa i lacci che lo stringevano, avea ben ragione di mirar stupefatto la scena che gli sì presentava dinanzi.
Pery che baciava la mano di donna Lauriana, Cecilia lieta e contenta, don Antonio de Mariz e don Diego che fissavano l’Indiano con un’aria di gratitudine; tutto ciò al tempo stesso era anche troppo per farlo impazzire.
Appena libero, era corso a casa unicamente per raccontare l’accaduto e chiedere a don Antonio de Mariz il permesso di scannare l’Indiano; determinato a lasciare il suo servizio da trent’anni esercitato, qualora il fidalgo glielo negasse; che, quando avea un’ingiuria a vendicare, Ayres Gomes non badava al resto.
Don Antonio, raffigurando l’aspetto spaventato dello scudiero, sorrise; sapea che l’Indiano gli andava poco a genio, e volle in questo giorno riconciliar tutti con Pery.
— Vieni qua, mio vecchio Ayres, mio compagno da trent’anni. Sono certo che tu, la fedeltà