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Il suo occhio, abbassandosi dal volto di Pery, erasi arrestato sulle sue spalle; a principio vago e distratto come quello di un uomo che medita, cominciò poscia a fissarsi e a discernere un punto vermiglio e quasi impercettibile sulla tunica di cotone indossata dall’Indiano.
A misura che la vista si facea più attenta, e l’oggetto si disegnava più distinto, il sembiante del fidalgo si rischiarava, come se avesse trovato la soluzione di un problema difficile.
— Sei ferito? sclamò il fidalgo d’improvviso.
Pery arretrò d’un passo; ma don Antonio, fermandolo, aperse alquanto della sua camicia, e traendogli dalla cintola le due pistole, le esaminò, e vide che erano scariche.
Il cavaliere dopo questo esame incrociò le braccia, e contemplò l’Indiano con profonda ammirazione.
— Pery, diss’egli, ciò che facesti è degno di te; ciò che fai adesso è degno di un fidalgo. Il tuo nobil cuore può senz’arrossire battere sopra il cuore di un cavaliere portoghese. Vi chiamo tutti per attestare che vedeste un dì don Antonio de Mariz stringere al petto un nemico della sua razza e della sua religione, come suo uguale in nobiltà e sentimento.
Il fidalgo aperse le braccia e diè a Pery quell’abbraccio fraterno, consacrato dagli usi dell’antica cavalleria, di cui fin da quel tempo restava appena qualche tradizione. L’Indiano, cogli occhi bassi, commosso e confuso, pareva un delinquente in faccia al suo giudice.