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fesso che don Diego commise un’imprudenza uccidendo quell’Indiana.
— Di’ una barbarie, una follia!... Non creder già ch’io lo discolpi, perch’è mio figlio!
— Giudicate con soverchia severità.
— E lo debbo, perchè un fidalgo, che uccide una creatura debole e inoffensiva, commette un’azione bassa e indegna. Da quarant’anni che m’accompagni, sai come tratto i miei nemici; son certo che la mia spada, che abbattè tanti uomini in guerra, mi cadrebbe di mano il dì che io la levassi sconsigliatamente sopra una donna.
— Ma convien badare che sorta di donna è cotesta, una selvaggia...
— So quello che mi vuoi dire; ma io non partecipo alle idee che sono in voga fra i miei compagni: per me gl’Indiani, quando ci assalgono, sono nemici che dobbiamo combattere; quando ci rispettano, sono vassalli di una terra che conquistammo, ma sono uomini!
— Vostro figlio non la pensa così, e ben sapete le massime che gli inspirò la signora donna Lauriana.
— Mia moglie!... replicò il fidalgo con qualche amarezza. Ma non è di questo che discorriamo.
— Sì; parlavate dei sospetti che v’inspirava l’imprudenza di don Diego.
— E che ne pensi tu?
— Già ve lo dissi che non veggo le cose sì nere come voi, signor don Antonio. Gli Indiani