Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 43 — |
— È vero!... disse la fanciulla preoccupata.
Cecilia stelle un momento col capo basso, quasi accorata; in questa posizione i suoi occhi caddero sopra il capriolo, che fissava in lei la sua nera pupilla con tutta quella languidezza e soavità, che la natura pose negli occhi di questi animali.
La fanciulla stese la mano, e scoccando lievemente le dita fe’ saltar d’allegria il vago animale, che venne a posare la testa nel suo grembo.
— Tu non abbandonerai la tua signora, non è così? diss’ella accarezzando colla mano il suo pelo morbido come seta.
— Non farne caso, Cecilia, replicò donna Isabella, osservando la mestizia della fanciulla; chiederai a mio zio che te ne cacci un altro, che farai addimesticare, e diverrà più mansueto del tuo Pery.
— Cugina, disse la fanciulla con un lieve tuono di riprensione, tratti molto ingiustamente questo povero Indiano, che non ti fece alcun male.
— Ascolta, Cecilia, come vuoi che si tratti un selvaggio, che porta la pelle oscura e il sangue vermiglio? Tua madre non dice che un Indiano è un animale come un cavallo, o come un cane?
Queste ultime parole furono proferite con un’amara ironia, che la figlia di Antonio de Mariz comprese perfettamente.
— Isabella!... sclamò risentita.