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attacco diretto, non fecero alcun atto di voler toccare la fiera.
Tutto ciò seguì rapidamente, in un secondo, senza che l’Indiano perdesse un momento di vista il suo avversario.
A un segno di Alvaro de Sà i cavalieri si avviarono, e s’internarono di nuovo nella foresta.
La tigre, che col pelo ritto, osservava i cavalieri immobili, non avea ardito nè assaltare nè ritirarsi, per tema dei moschetti; ma non sì tosto li vide andar via, e internarsi nel fondo del bosco, mandò fuori un nuovo ruggito di allegrezza e di contento.
Udissi un fracasso di rami che si sfracellavano, come se un albero fosse rovinato nella foresta, e il ceffo negro della fiera comparve all’aperto; d’un balzo si era scagliata sopra un altro tronco, e avea messo tra sè e il suo avversario una distanza di trenta palmi.
Il selvaggio comprese immediatamente la causa di ciò: la tigre co’ suoi istinti carnivori, colla sua sete di sangue, avea visto i cavalli, e sdegnava l’uomo, come preda non acconcia a saziarla.
Colla stessa rapidità con cui formò cotesto pensiero, trasse dalla cintola una freccia sottile, che avea al più un palmo e mezzo di lunghezza, e tese la corda del grand’arco, che superava di un terzo l’altezza della sua persona.
Udissi un forte sibilo, che fu accompagnato da un bramito della fiera; la piccola freccia scoc-