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La casa era edificata in quella architettura semplice e grossolana, che ancora si può vedere nelle prime nostre abitazioni; avea di fronte cinque finestre basse, larghe, quasi quadrate.

Nel lato destro eravi la porta principale, che mettea sopra una piazzetta circondata da uno steccato, coperto di meloni agresti.

Dal lato sinistro stendevasi fino all’orlo dello spianato un’ala dell’edifizio, che apriva due finestre sopra il dirupato della roccia, tagliata quasi a perpendicolo.

Nell’angolo formato da cotesta ala col rimanente della casa eravi un certo spazio, che chiameremo giardino, e che in fatti era un’imitazione graziosa di tutta quella natura ricca, vigorosa e splendida, che la vista abbracciava dall’alto di quell’eminenza.

Fiori agresti delle nostre selve, piccoli alberi chiomati, un tappeto d’erba, un filo d’acqua, che simulava un torrente e formava una piccola cascata; tutto ciò era stato creato dall’uomo in questo piccolo spazio con un’arte e una grazia ammirabile.

A prima giunta, guardando quella piccola roccia dell’altezza di due braccia, d’onde precipitavasi un rivoletto grosso quanto un bicchiere d’acqua; quel monticello erboso, che avea al più lo spazio di un sofà, parea che la natura si fosse fatta bambina, e dilettata a creare per bizzarria una miniatura.

Il fondo della casa, diviso per intiero dal ri-